L’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha avviato un’istruttoria nei confronti di Infinite Styles Services Co. Limited, la società che gestisce il sito italiano di Shein. L’accusa di pubblicità ingannevole riguarda alcune sezioni del sito dedicate alla presunta sostenibilità dei prodotti Shein. La situazione è grave, tanto che si parla già di possibili rimborsi ai clienti.
Panoramica
Sul banco degli imputati c’è Shein, un’azienda di vendita online di fast fashion cinese. Shein è uno dei marchi più noti su TikTok, YouTube e Instagram, con un vasto giro d’affari che copre oltre cento Paesi. Non è la prima volta che Shein si trova al centro di controversie, che nel corso degli anni hanno riguardato marchi, salute, violazione dei diritti umani e sicurezza. Tra le problematiche emerse, si distinguono la presenza anomala di piombo in alcuni dei loro prodotti, l’intenso regime di lavoro cui sono sottoposti i dipendenti e le continue violazioni delle leggi sulla sicurezza dei dati.
Dall’altro lato, l’Antitrust si schiera per garantire una concorrenza leale nei mercati. Il suo obiettivo è prevenire pratiche commerciali scorrette che possano danneggiare la concorrenza, l’economia in generale o, in questo caso, i consumatori.
Le Accuse
Le aree del sito sotto scrutinio includono:
- #SHEINTHEKNOW: una sezione dedicata a contenuti informativi sulla moda e la sostenibilità;
- evoluSHEIN: che presenta una collezione di capi definiti “sostenibili”;
- responsabilità sociale: contenente informazioni sull’impegno dell’azienda in materia di sostenibilità.
I rapporti ufficiali del 2022 e 2023 delineano un quadro di costante incremento delle emissioni, in contrasto con le affermazioni e gli impegni dell’azienda. Anche le presunte fibre “green” non sarebbero ulteriormente riciclabili, e le confuse affermazioni di “circolarità” non avrebbero un riscontro pratico, se non quello di creare una falsa immagine di sostenibilità. Si segnalano quindi omissioni mirate, ma anche vere e proprie falsità. Questo fenomeno è noto nel settore del fast fashion: il Codacons lo definisce “greenwashing”.
Se queste accuse dovessero risultare valide, Shein potrebbe essere costretta a risarcire i consumatori che hanno effettuato acquisti sulla base di informazioni fuorvianti. L’associazione dei consumatori Assoutenti sembra già pronta a battersi per ottenere risarcimenti completi. Le ripercussioni potrebbero estendersi oltre la singola azienda, influenzando l’intero settore della moda e le pratiche di marketing relative alla sostenibilità.