Dic 10, 2018 | SICUREZZA ALIMENTARE
Il progetto sperimentale delle multinazionali dedicato all’Etichettatura Nutrizionale Semplificata (Evolved Nutrition Label) subisce un forte arresto: il motivo? La mancata concertazione sulle porzioni di consumo prese a riferimento per l’indicazione dei valori nutrizionali. Le aziende che stavano partecipando al progetto (Coca-Cola, Nestlè, Mondelez, Unilever e PepsiCo), mediante comunicato, hanno deciso di sospendere la procedura in attesa di concordare, mediante l’apporto della Commissione Europea, la giusta scelta delle porzioni di cibo e/o bevande da prendere in esame per fornire adeguati dati semplificati sulle etichette. In seguito allo stop annunciato dalle “Big Food”, lo scorso mese, la PepsiCo ha comunicato l’intenzione di avviare una nuova sperimentazione ma sul modello britannico che utilizza valori nutrizionali per 100 grammi/ml. Le cosiddette “Etichette a semaforo” potrebbero comparire con numeri significativi già ad inizio 2019 ed è per questo che è necessario conoscerne il loro significato in ragione di una scelta consapevole degli alimenti da acquistare. L’utilizzo dei bollini “semaforici” rientra tra gli accorgimenti facoltativi che possono essere utilizzati dalle industrie alimentari, resta obbligatorio invece, l’etichettatura nutrizionale prevista da normativa (Reg. 1169/2011 UE), l’obiettivo è lo stesso: incoraggiare i consumatori ad acquistare i prodotti più salutari.
Scopriamo i modelli delle etichettature a semaforo più diffusi:
Nel modello britannico si riporta il contenuto di grassi, grassi saturi, sale e zuccheri contenuti in 100gr di alimento ed i tre colori corrispondenti forniscono informazioni circa la “pericolosità” dell’alimento (dal rosso più pericoloso al verde più sano); un metodo che necessita di giusta interpretazione in quanto per alcuni alimenti il consumo di 100gr in unica soluzione è poco probabile. E’ il caso di alcuni prodotti made in Italy come ad esempio il Parmigiano Reggiano o l’Olio d’oliva Extravergine che avrebbero, secondo questa metodologia, un bollino rosso quando invece, avrebbero una valutazione differenze se venisse considerata la porzione di alimento consumate e/o consigliata da una dieta equilibrata.
Il “Nutri-Score” francese utilizza invece, il metodo a 5 colori con lettere associate che vanno dalla A per i prodotti con migliore qualità nutrizionale alla “E” per i prodotti di “Qualità nutrizionale peggiore”, tale dicitura consente di sapere se il prodotto deve essere assunto o meno con moderazione; una dicitura più semplice che offre più margini di valutazione.
di Tamara Tarallo
Dic 7, 2018 | Auto Moto Assicurazioni, Multe e cartelle
I sistemi di rilevamento della velocità si dividono in tre categorie: fissi (Tutor e Vergilius), temporanei (autovelox) e mobili (dispositivi utilizzati da un veicolo in movimento).
Ci occupiamo oggi dei sistemi temporanei e dei sistemi mobili.
Questi possono essere installati su strade urbane e extraurbane purché lungo tratti di percorrenza non inferiori a cinquecento metri (se la velocità ammessa lungo lo stesso tratto non è superiore ai 60 km/h) e a mille metri (se la velocità ammessa è superiore o uguale a 100 km/h).
Quanto alla distanza tra l’avviso segnaletico e la postazione di controllo, pur se la legge non fissa una distanza minima, questa deve essere “adeguata” in relazione alla velocità locale predominante del tipo di strada. Ciò comporta che:
– su autostrade e strade extraurbane principali la distanza minima è fissata a 250 metri;
– su strade extraurbane secondarie e urbane di scorrimento (con velocità oltre i 50 km/h) la distanza minima è di 150 metri
– sulle altre strade la distanza minima è di 80 metri.
Le postazioni per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili. La normativa vigente prevede il divieto di installazione e utilizzo di dispositivi di controllo elettronici nascosti (ad esempio oscurati da scritte e graffiti o coperti da vegetazione o da altri cartelli) e prevede altresì che devono essere preventivamente segnalati.
Spesso accade che su alcuni tratti di strada siano apposti cartelli con cui è segnalata la presenza di apparecchi di rilevamento della velocità, che però non corrispondono a effettive postazioni di controllo, creando nell’automobilista confusione circa l’affidabilità e credibilità del segnale stesso e sulla effettiva presenza dell’apparecchio. Si pensi al caso di un automobilista abituato a percorrere un certo tratto di strada che confida nel fatto che su quel tratto di strada i controlli, seppur segnalati, non sono mai avvenuti.
La legge (Circolare del Ministero Interni (Prot. n. 300/A/5620/17/144/5/20/3, recepita nel Decreto Ministeriale n. 282/2017) è intervenuta sul punto e ha chiarito che:
– nelle strade in cui sono installate postazioni fisse automatiche di controllo, devono essere sempre installati cartelli fissi;
– nelle strade in cui i controlli con autovelox sono sistematici (cioè quando gli appostamenti degli agenti accertatori sono fatti con regolarità, entro un determinato arco di tempo) è sufficiente l’installazione di un unico cartello con la scritta “controllo elettronico della velocità”, posizionato in modo permanente ai margini della strada;
– nelle strade in cui controlli con autovelox sono sporadici, oltre al cartello fisso amovibile deve essere collocato un secondo cartello, di tipo mobile.
In ogni caso, il cartello non può essere posizionato ad una distanza maggiore di 4 km dalla postazione di controllo e non devono essere presenti intersezioni o immissioni laterali di strade ad uso pubblico.
Se si ritiene che la normativa sulle distanze e sui cartelli non sia stata rispettata dall’Amministrazione, l’accertamento (e la conseguente sanzione amministrativa) potrebbe essere illegittima; in tali casi, è possibile fare ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace competente in base al luogo in cui la violazione è stata accertata e chiedere l’annullamento del verbale.
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Per qualsiasi chiarimento, rivolgiti a Mdc Lazio: i nostri consulenti sono a disposizione presso gli Sportelli di Roma e del Lazio. Visita il sito www.mdclazio.org per trovare la sede più vicina.
di Giorgia Villani
Nov 16, 2018 | Privacy
Il 2018 è stato un anno rilevante per quanto riguarda la Data Economy. Dagli scandali di Cambridge Analytica e Facebook, in particolare, è emerso quanto siano importanti per le grandi multinazionali i nostri dati sensibili . La conseguenza diretta delle recenti violazioni è la mancanza di fiducia da parte dei consumatori ad affidare i propri dati alle imprese.
Dal punto di vista cautelare, le istituzioni europee hanno pubblicato il Regolamento sui GDPR (General Data Protection Regulation), effettivo dal 25 maggio 2018, il quale intende rafforzare la protezione dei dati personali dei cittadini dell’Unione Europea.
Per approfondire il confronto tra le opinioni di imprese e consumatori in materia di privacy, la Oxford Economics, ha condotto uno studio sulla tematica, “Il futuro dei dati: adeguarsi ad un’economia opt-in” che mette in evidenza le difficoltà affrontate dalle imprese nell’adeguarsi al cambiamento introdotto dalla normativa, motivazione che ha scatenato una fortissima mancanza di fiducia da parte dei consumatori ad affidargli i propri dati sensibili.
Secondo lo studio infatti solo l’8% dei consumatori affiderebbe i propri dati sensibili alle imprese per tenerli al sicuro. Ma ciò che ancor più preoccupa i consumatori secondo la ricerca è la condivisione dei dati tra imprese, infatti più del 60% degli utenti crede che i propri dati vengano condivisi tra società per aumentare la possibilità di successo di determinati prodotti.
La ricerca attesta anche che il 79% dei consumatori smetterebbe di fare affari con una società che condivide i suoi dati e soltanto il 41% ritiene utili i cambiamenti derivanti dal Big Data e dagli Analytics.
Risulta invece opposta la considerazione delle imprese in materia di privacy, infatti il 90% dei dirigenti vede positivamente lo sviluppo della Data Economy, visione giustificata dagli ingenti investimenti che hanno dedicato allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale. Lo studio dimostra anche che nonostante più dell’80% delle aziende disponga di una protezione adeguata per i dati operativi e finanziari, sono ancora carenti le misure per la protezione delle informazioni personali dei consumatori, dato che probabilmente giustifica la mancanza di fiducia di questi ultimi nell’affidare i propri dati sensibili alle imprese.
La ricerca definisce, inoltre, che molte imprese non hanno ancora adottato misure appropriate per una gestione ottimale dei dati personali, quali la definizione di norme chiare per l’uso dei dati (il 51%), la riqualificazione degli impiegati per l’analisi dei dati (il 46%), oppure la condivisione dei dati all’interno dell’azienda (il 25%).
di Francesco Fronterotta
Nov 11, 2018 | AMBIENTE
Mancanza di trasparenza, politiche aziendali inefficaci e nessuna alternativa proposta sull’utilizzo della plastica; sono questi alcuni tra i risultati di un questionario inviato da Greenpeace ad undici grandi aziende di beni di largo consumo: Coca-Cola, Colgate-Palmolive, Danone, Johnson e Johnson, Kraft Heinz, Mars, Nestlé, Mondelez, PepsiCo, Procter & Gamble e Unilever.
Nel rapporto pubblicato il 23 ottobre 2018 emerge come gran parte delle aziende intervistate non conosca o non abbia condiviso i dati relativi alle quantità di imballaggi prodotti che vengono riciclati e come queste aziende non siano neanche a conoscenza della destinazione finale dei propri imballaggi.
Nell’identificare possibili soluzioni, inoltre, queste aziende investono esclusivamente sulla riciclabilità e sull’utilizzo di plastica riciclata, senza investire su programmi di riduzione dell’utilizzo della plastica o su sistemi consegna e distribuzione alternativi.
L’utilizzo del riciclo come soluzione definitiva da parte di queste aziende si scontra con la realtà dei fatti in cui solamente il 9% della plastica prodotta a livello globale a partire dagli anni 50’ è stata correttamente riciclata e nei Paesi sviluppati il tasso di riciclo per la plastica raccolta è spesso inferiore al 50%.
«L’intero settore, oltre a non affrontare la grave crisi ambientale dell’inquinamento da plastica, prevede l’incremento delle vendite di prodotti imballati in plastica usa e getta che potrebbe aggravare la contaminazione negli anni a venire» ha dichiarato Giuseppe Ungherese, Responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Bisogna sfatare il mito che tutti gli imballaggi immessi in commercio possano essere raccolti e riciclati e di questo le grandi multinazionali devono prenderne atto e smettere di ingannare i consumatori».
Le numerose ricerche nell’ambito dimostrano come quello della plastica sia uno dei principali fattori di rischio per la salute del nostro ecosistema ed è in questo contesto che si colloca l’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, di una relazione che impone divieto al consumo nell’Unione Europea di alcuni prodotti come posate, bastoncini cotonati, piatti, cannucce, miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini e di misure volte ad incrementare la riciclabilità e il recupero delle bottiglie per l’acqua minerale e le bevande.
di Mattia Angelini
Nov 8, 2018 | Telefonia
Sono state pubblicate dall’AGCOM le nuove Linee Guida sulle modalità di dismissione e trasferimento dell’utenza nei contratti per adesione, per garantire ad utenti e consumatori delle precise regole nel momento in cui decidono di recedere dal contratto e passare ad altro operatore.
Punto cruciale della delibera approvata dall’Autorità Garante per le Telecomunicazioni è quella per cui il costo di recesso non potrà essere superiore al canone mensile medio versato dall’utente.
In questo modo l’Autorità ha voluto garantire o meglio scongiurare il rischio che i vari operatori possano addebitare costi non proporzionati (e dunque più alti) al reale valore del contratto sottoscritto.
Altra questione affrontata dall’Authority riguarda la restituzione degli acconti che dovrà ora essere “equa e proporzionata” al contratto stesso ed alla sua durata. In particolare, le aziende non potranno più pretendere – in caso di recesso – la restituzione integrali degli sconti goduti al momento della stipula. Gli operatori potranno richiederne la restituzione, ma in una misura certamente inferiore a quella attuale, precisa l’AGCOM.
Molto importante è anche il tema della rescissione anticipata: con le nuove linee guida l’utente potrà scegliere se continuare a pagare le rate residue (relative a servizi e prodotti aggiuntivi rispetto al servizio principale) oppure pagare l’intero importo in un’unica soluzione.
Anche la durata della rateizzazione dei servizi di attivazione ed accessori è stata normata, stabilendo che non potrà mai eccedere i 24 mesi.
E’ stata, inoltre, richiesta una maggiore trasparenza nelle comunicazioni agli utenti prevedendo un obbligo per gli operatori di rendere tutte le spese che l’utente dovrà sostenere in corrispondenza di ogni mese in cui il recesso potrebbe essere esercitato.
Altri obblighi informativi a carico delle aziende riguardano le spese relative al recesso o al trasferimento dell’utenza ad altro operatore, le quali, devono essere rese note al momento della pubblicizzazione dell’offerta e in fase di sottoscrizione del contratto. Tra queste rientrano: i) le spese imputate dall’operatore a fronte dei costi realmente sostenuti per provvedere alle operazioni di dismissione e trasferimento della linea; ii) le spese relative alla restituzione degli sconti; iii) le spese relative al pagamento in una o più soluzioni delle rate relative alla compravendita di beni e servizi offerti congiuntamente al servizio principale.
MDC Lazio invita tutti gli utenti a segnalarci eventuali abusi in contrasto con le nuove disposizioni dell’AGCOM ed a rivolgersi ai nostri esperti per una consulenza e gestione delle problematiche