Il Dilemma del Biglietto

Infuria ancora il dibattito sull’aumento del costo del biglietto per i mezzi di trasporto pubblico a Roma. La tariffa, attualmente di 1,50 euro, potrebbe presto salire a 2 euro. La proposta, avanzata mesi fa, prevedeva l’entrata in vigore dell’aumento il 1° luglio, ma la questione resta ancora irrisolta.

La Crisi Economica

A quanto pare, il sistema di trasporto pubblico romano fatica a sostenersi. Oltre ai costi operativi ordinari, si aggiungono quelli straordinari legati a eventi come il Giubileo e al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), fra gli interventi per il rinnovamento delle infrastrutture e la crescente attenzione verso il tema della sostenibilità.

Il contratto di servizio con ATAC è fermo da un anno e richiede circa 20 milioni di euro per essere rinnovato. E nonostante il prezzo del biglietto sia rimasto stabile per due decenni, i costi di gestione, in particolare per la manutenzione e il carburante, sono cresciuti sensibilmente. Nessun aiuto è arrivato dal governo: giusto pochi mesi fa, il Centrodestra ha respinto una mozione del Partito Democratico, che richiedeva un finanziamento di 1,7 miliardi di euro per risolvere la crisi.

Il Braccio di Ferro tra Comune e Regione

All’inizio di settembre, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha inviato una lettera al presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, proponendo un aumento del costo del biglietto dei 100 minuti, da 1,50 a 2 euro. Questo ovviamente significherebbe anche aumenti per i biglietti da 24, 48 e 72 ore, con rincari rispettivamente di circa 2, 4 e 6 euro. Nessuna variazione per gli abbonamenti ordinari, però, che potrebbero addirittura subire una riduzione.

La trattativa si è arenata in un confronto serrato tra Comune e Regione. Quest’ultima ha offerto dieci milioni di euro all’anno per tre anni. Una cifra che molti considerano insufficiente, dato che si parla già di tagli sulle agevolazioni destinate a categorie vulnerabili, come anziani, cittadini a basso reddito e studenti.

L’Alternativa per i Turisti

Una sorta di compromesso sarebbe l’introduzione di tariffe maggiorate per i turisti, insomma il famoso “modello Venezia”. In questo scenario, il costo del biglietto per i visitatori aumenterebbe da 1,50 a 2,50 euro. Tuttavia, questa misura non entrerebbe in vigore prima del 2026, dopo il Giubileo, e non è garantito che sia sufficiente a risolvere il problema.

La città si trova dunque in una situazione critica: l’immenso flusso di turisti previsto per il Giubileo (si stimano centomila arrivi giornalieri) e la presenza di numerosi cantieri mettono ulteriore pressione su un sistema già fragile, costantemente afflitto da ritardi, sovraffollamento e scioperi. Molti pendolari, stanchi dei disservizi, potrebbero già considerare il prezzo attuale eccessivo rispetto alla qualità del servizio offerto.

Aumenti insostenibili dell’RC auto: rincari record in tutta Italia

Aumenti insostenibili dell’RC auto: rincari record in tutta Italia

Negli ultimi mesi, l’aumento delle tariffe RC auto ha raggiunto livelli allarmanti, registrando incrementi significativi ben oltre il tasso di inflazione. Secondo i dati diffusi dall’IVASS (Istituto di vigilanza sulle assicurazioni), il costo medio di una polizza auto ad agosto 2024 ha raggiunto i 418 euro, con un incremento medio del 6,7% su base annua in termini nominali e del 5,6% in termini reali (al netto dell’inflazione). Si tratta di un fenomeno che colpisce tutte le province italiane, con variazioni che oscillano dal +2,6% di Foggia fino al +12% di Roma.

Questo incremento continuo delle tariffe è considerato insostenibile dalle associazioni dei consumatori.
L’analisi dei rincari rivela differenze marcate tra le varie zone del Paese. A Roma, la città che ha registrato l’aumento più forte, portandosi a livelli preoccupanti. Anche altre città del Centro e del Sud Italia mostrano tendenze simili: a Prato, il costo medio di una polizza è arrivato a 627 euro, il più alto d’Italia, con un incremento del 9,8%. A Napoli, storicamente una delle città più care per l’RC auto, la media si attesta a 605 euro, mentre nel Nord Italia si riscontrano aumenti significativi a Milano (+7,4%) e Torino (+7,9%).

Enna, Potenza e Oristano si confermano invece le città più economiche, con premi medi di poco superiori ai 300 euro. Tuttavia, la tendenza generale indica un aumento dei costi in tutte le province italiane, senza eccezioni, mettendo in difficoltà milioni di automobilisti.

Nonostante l’inflazione sia in frenata e non vi siano fattori concreti che giustifichino un tale aumento dei costi per le compagnie assicurative, le tariffe continuano a salire. La soluzione potrebbe risiedere nell’applicazione della sentenza della Corte Costituzionale che rende facoltativo l’indennizzo diretto, il che potrebbe contribuire a ridurre i costi per i consumatori. Inoltre, l’associazione richiede una riforma del sistema di vigilanza sulle assicurazioni, suggerendo una governance composta da personalità indipendenti dal mondo assicurativo.

Le prospettive per i prossimi mesi non sembrano incoraggianti. Senza un intervento rapido e deciso da parte delle autorità competenti, è probabile che i prezzi delle polizze RC auto continuino a salire, aggravando ulteriormente il peso sui bilanci familiari e rendendo sempre più difficile per molti automobilisti affrontare i costi legati alla circolazione.

L’Antitrust contro Shein

L’Antitrust contro Shein

L’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) ha avviato un’istruttoria nei confronti di Infinite Styles Services Co. Limited, la società che gestisce il sito italiano di Shein. L’accusa di pubblicità ingannevole riguarda alcune sezioni del sito dedicate alla presunta sostenibilità dei prodotti Shein. La situazione è grave, tanto che si parla già di possibili rimborsi ai clienti.

Panoramica

Sul banco degli imputati c’è Shein, un’azienda di vendita online di fast fashion cinese. Shein è uno dei marchi più noti su TikTok, YouTube e Instagram, con un vasto giro d’affari che copre oltre cento Paesi. Non è la prima volta che Shein si trova al centro di controversie, che nel corso degli anni hanno riguardato marchi, salute, violazione dei diritti umani e sicurezza. Tra le problematiche emerse, si distinguono la presenza anomala di piombo in alcuni dei loro prodotti, l’intenso regime di lavoro cui sono sottoposti i dipendenti e le continue violazioni delle leggi sulla sicurezza dei dati.

Dall’altro lato, l’Antitrust si schiera per garantire una concorrenza leale nei mercati. Il suo obiettivo è prevenire pratiche commerciali scorrette che possano danneggiare la concorrenza, l’economia in generale o, in questo caso, i consumatori.

Le Accuse

Le aree del sito sotto scrutinio includono:

  • #SHEINTHEKNOW: una sezione dedicata a contenuti informativi sulla moda e la sostenibilità;
  • evoluSHEIN: che presenta una collezione di capi definiti “sostenibili”;
  • responsabilità sociale: contenente informazioni sull’impegno dell’azienda in materia di sostenibilità.

I rapporti ufficiali del 2022 e 2023 delineano un quadro di costante incremento delle emissioni, in contrasto con le affermazioni e gli impegni dell’azienda. Anche le presunte fibre “green” non sarebbero ulteriormente riciclabili, e le confuse affermazioni di “circolarità” non avrebbero un riscontro pratico, se non quello di creare una falsa immagine di sostenibilità. Si segnalano quindi omissioni mirate, ma anche vere e proprie falsità. Questo fenomeno è noto nel settore del fast fashion: il Codacons lo definisce “greenwashing”.

Se queste accuse dovessero risultare valide, Shein potrebbe essere costretta a risarcire i consumatori che hanno effettuato acquisti sulla base di informazioni fuorvianti. L’associazione dei consumatori Assoutenti sembra già pronta a battersi per ottenere risarcimenti completi. Le ripercussioni potrebbero estendersi oltre la singola azienda, influenzando l’intero settore della moda e le pratiche di marketing relative alla sostenibilità.

Petizione al Senato: Vietare social e cellulari sotto i 14 anni

Petizione al Senato: Vietare social e cellulari sotto i 14 anni

Un gruppo di parlamentari, guidato dalla senatrice del PD Simona Malpezzi, si è schierato contro l’uso diffuso degli smartphone tra i ragazzi sotto i 14 anni. Inoltre, ha chiesto di limitare l’accesso ai social media fino ai 16 anni. La proposta, presentata oggi durante una conferenza stampa a Palazzo Madama, è articolata in due disegni di legge bipartisan. A sostegno dell’iniziativa, è stata lanciata una petizione promossa dal pedagogista Daniele Novara e dallo psicoterapeuta Alberto Pellai, che avrebbe già raccolto 50.000 firme. Tra i firmatari figurano anche noti esponenti del mondo dello spettacolo, come Paola Cortellesi, Pierfrancesco Favino e Luca Zingaretti.

La Tesi

Non si tratta di una misura proibizionista, affermano i sostenitori della proposta, ma di una scelta educativa. L’uso precoce dei nuovi media avrebbe un impatto così grande sullo sviluppo cognitivo e sociale dei giovani da poter essere equiparato, per certi versi, all’esposizione a sostanze come l’alcool o il tabacco. Poiché il cervello di bambini e adolescenti non è ancora completamente sviluppato, qualsiasi tecnologia che possa influenzare la materia bianca (la sostanza responsabile della connessione tra diverse aree del cervello, coinvolte in abilità fondamentali come la lettura e la scrittura) dovrebbe essere attentamente regolamentata per evitare abusi.

Gli Studi

Diversi studi scientifici affermano che l’uso precoce di smartphone e social media può favorire dipendenze, isolamento sociale e disturbi del sonno. I giovani trascorrerebbero dalle 5 alle 8 ore al giorno online, accumulando fino a 2.920 ore all’anno, tempo che potrebbe essere dedicato ad altre attività più formative o socialmente stimolanti. Secondo le interviste condotte dal Global Mind Project del Sapiens Lab, i bambini che ricevono uno smartphone in tenera età mostrerebbero una maggiore incidenza di problemi di salute mentale rispetto a quelli che ottengono il loro primo dispositivo più tardi:

  • Il 74% delle bambine che hanno ricevuto il loro primo smartphone all’età di 6 anni manifesterebbe problemi di salute mentale, rispetto al 46% di coloro che hanno ottenuto il telefono a 18 anni.
  • Il 42% dei bambini che hanno ricevuto il loro primo smartphone all’età di 6 anni presenterebbe problemi di salute mentale, rispetto al 36% di quelli che hanno ottenuto il dispositivo a 18 anni.

Conclusioni

È importante sottolineare che i dati, presi singolarmente, non sono conclusivi e devono sempre essere valutati nel contesto più ampio. Le singole ricerche non sono sufficienti a fornire una risposta definitiva, ma possono essere indicatori di un fenomeno più complesso. Rimane dunque in dubbio se l’approccio restrittivo proposto dai parlamentari sia una soluzione adeguata al problema.

Gas: Prorogata la “Placet in deroga”

Gas: Prorogata la “Placet in deroga”

Buone notizie per i consumatori ancora indecisi sul passaggio dal mercato tutelato a quello libero. La “Placet in deroga” sulle bollette del gas rimarrà attiva fino alla fine del 2025. Ci sarà quindi ulteriore tempo per informarsi sulle offerte disponibili.

Dal Monopolio al Mercato Libero

La distribuzione energetica in Italia era in origine controllata dello Stato. Negli anni si è mossa lentamente verso un mercato libero e comunitario, dove le singole aziende private possono decidere i prezzi e il tipo di servizio da offrire. L’obiettivo è creare concorrenza fra le aziende, permettendo ai clienti di scegliere l’offerta più economica e adatta alle loro esigenze.

Dal 1° luglio 2007, la Direttiva UE 54 ha permesso ai consumatori di firmare contratti con fornitori privati. Questo ha portato alla nascita di due tipi di regimi. Un mercato di maggior tutela, dove l’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) gestisce la fornitura e stabilisce i prezzi ogni trimestre. E un mercato libero, sebbene sempre sotto la supervisione dello stato per evitare truffe. Col decreto Milleproroghe, quest’anno il mercato tutelato è giunto ufficialmente al termine.

L’Offerta Placet

Non del tutto, però. I clienti domestici vulnerabili possono ancora affidarsi alla pianificazione statale. Per aiutare i consumatori non vulnerabili che non hanno ancora scelto un fornitore, invece, è stata introdotta la “Placet in deroga”. Con questa opzione si mantiene lo stesso fornitore, sotto condizioni economiche e contrattuali definite dallo stato, ma la componente stabile annuale (Pfix) è decisa dal venditore. Ora questa offerta è stata prorogata per tutto il 2025.

Entro il 30 settembre 2024 i fornitori dovranno inviare una comunicazione a parte ai loro clienti. Sarà offerto un confronto fra due opzioni, la “Placet in deroga” e la “Placet ordinaria”. Quest’ultima consente al venditore di decidere non solo la componente fissa, ma anche la componente variabile di commercializzazione. Se non vi saranno cambiamenti significativi rispetto all’offerta in corso, il rinnovo avverrà automaticamente e sarà comunicato insieme alla prima bolletta utile. La nuova offerta sarà attiva dal 1° gennaio 2025 e durerà un anno, ma in qualsiasi momento si potrà passare al mercato libero, senza costi aggiuntivi. L’abolizione del mercato tutelato doveva essere a beneficio dei clienti. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato come, messi di fronte a così tante scelte, molti italiani abbiano preso decisioni controproducenti. Si spera, con questo prolungamento, che tutti i consumatori possano valutare al meglio le opzioni disponibili, senza cadere nelle trappole del mercato libero.

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