A cura di MDC LAZIO
Concetto e prassi di digitalizzazione sono entrati a rigore nei costumi sociali coevi, assumendo dimensioni sempre più ampie ed eterogenee. L’immediatezza digitale nello svolgimento di attività quotidiane è arrivata a coprire la gran parte delle pratiche del singolo, agevolandone ed ottimizzandone tempistiche ed efficienze e cambiando profondamente anche le abitudini di consumo. Ognuno di noi è testimone del cambiamento vissuto soprattutto con lo scoppiare della pandemia da COVID-19 che ha negli ultimi anni profondamente modificato il vivere quotidiano. Conseguenza e compensazione delle restrizioni imposte dal contenimento del virus, il digitale e la digitalizzazione hanno tentato (con sufficiente successo in molti casi) di sopperire alle mancanze cui ognuno è stato costretto. Così, se da un lato la tragicità dell’evento ha imposto un rapido riadattamento delle abitudini sociali all’eccezionalità della situazione, dall’altro e con altrettanta velocità, il panorama digitale dopo più di due anni di pandemia si è evoluto e “normalizzato”, specie in merito alle prassi consumeristiche del singolo. La trasformazione ha infatti interessato sia i consumi di base e di prima necessità, sia le attività più “delicate”: quell’aleatoria mano invisibile ha prodotto il nuovo andamento delle domande e dell’offerta dei consumi del singolo, delle famiglie e delle imprese e l’online sembra essere diventato il più semplice e strumentale “punto di equilibrio” per rispondere alle necessità di consumatori ed operatori dei servizi. Secondo la Relazione annuale 2021 della Banca d’Italia, le nuove tecnologie e le applicazioni digitali per l’interazione tra gli agenti economici hanno permesso la proliferazione delle attività più varie, tra le quali anche il settore del credito, incluso il credito al consumo, notevolmente in crescita.
Per comprendere la portata del fenomeno è bene sottolineare che con credito al consumo si intendono tutte quelle attività di finanziamento delle persone fisiche e delle famiglie che hanno lo scopo di sostenere i consumi o di rimandare o rateizzare i pagamenti senza sostenere investimenti, ma solo per finanziare la spesa corrente delle famiglie (la rateizzazione per l’acquisto di un’auto, di elettrodomestici, il pagamento degli acquisti con carta di credito, oppure prestiti personali e il consolidamento del debito). In Italia, gli unici soggetti autorizzati a concedere il credito al consumo sono le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli appositi registri. L’istituto è stato disciplinato dal Codice del Consumo (d.lgs 6 settembre 2005 n. 206), sino all’introduzione del decreto legislativo 13 agosto 2010 n. 141, in attuazione della Direttiva europea 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori. In sostanza, si tratta di uno strumento che serve a sostenere e supportare spese di portata cospicua nel tempo ed altrimenti inaccessibili per una famiglia o un singolo, ma ad un tasso di interesse più elevato a fronte del rischio di insolvenza del creditore. Nel mercato del credito, spiega la Banca d’Italia, “la digitalizzazione coinvolge tutte le fasi del processo di erogazione di prestiti” e la crescente disponibilità di dati su famiglie e aziende, insieme all’adozione di tecniche avanzate di analisi basate sull’intelligenza artificiale, consentono un’interazione più immediata e precisa fra creditori e debitori, migliorando la valutazione del rischio di credito. Eppure, la semplicità tecnologica dell’accesso ai suddetti finanziamenti inizia a mostrare le prime perplessità: i limiti e le eventuali criticità legati all’uso ed al trattamento dei dati personali online possono minare la reputazione e la bontà del sistema creditizio sia dal punto di vista dei finanziatori sia dei consumatori. L’attenzione rivolta al tema della sicurezza dei dati resta un caposaldo della legislazione sia italiana sia europea tanto da spingere le Istituzioni a considerare una nuova prassi normativa, attualizzata e integrata secondo le evoluzioni recenti. È così che la Commissione parlamentare del Parlamento europeo per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) ha approvato il 12 luglio 2022 la sua relazione sulle nuove regole. I deputati sostengono infatti l’aggiornamento delle norme europee sul credito al consumo per proteggere i consumatori nelle nuove opzioni digitali e nella difficile situazione economica. La suddetta Direttiva del 2008 deve infatti, nell’ottica del legislatore europeo, assumere maggiori responsabilità in termini di tutela e protezione del consumatore che si trova a navigare online nel settore creditizio, caratterizzato da una maggiore semplicità di accesso e da un’altrettanta semplicistica divulgazione delle informazioni dell’affidabilità creditizia dei consumatori stessi. Inoltre, la facilità di accesso al credito e la sua diffusione si traduce, ad esempio, nel proliferare di richieste di piccoli prestiti online, che possono rivelarsi costosi o inadatti. In altre parole, le attuali norme non offrono sufficiente tutela sia perché non sono armonizzate tra i paesi dell’UE sia perché espongono i consumatori all’eccessivo indebitamento.
L’iniziativa parlamentare è attenzionata anche dal Garante europeo della protezione dei dati (l’EDPS, European Data Protection Supervisor) che evidenzia come sia necessario rendere la nuova Direttiva del tutto complementare al testo della normativa vigente sul trattamento di dati personali, prendendo atto di quali possano essere le conseguenze connesse all’utilizzo di strumenti innovativi come l’intelligenza artificiale nelle fasi di valutazione dell’affidabilità del consumatore o della personalizzazione delle offerte. L’attenzione rivolta all’emergente fenomeno è dunque indice non solo dell’evoluzione delle abitudini consumeristiche, ma anche e soprattutto di una premura volta a proteggere gli interessi degli agenti economici tutti. Una corretta informazione dell’offerta e la consapevolezza nelle scelte di consumo devono essere sostenute da garanzie normative che possano intervenire per non incorrere in indebitamenti del sistema, ambo le parti. Se da un lato l’immediatezza e la semplicità che la digitalizzazione rende tutto più accessibile, dall’altro, indurrebbe anche ad un’imprudente avventatezza delle richieste che, se non supportate da un’adeguata informazione, andrebbero a generare un pericoloso indebitamento delle famiglie, causando per molte di esse vulnerabilità finanziaria, già scossa dalla crisi pandemica.